Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/171


lettere a maria. 131

Come allegria d’allodole pel cielo,
Giocondo il volo de le mie giornate.
Una fronda d’ulivo benedetto
Pendea custode a’ miei placidi sonni,
Chè ne la festa de le palme allora
Io pregava! Una vispa rondinella,
Lasciate le sue case in Orïente,
Santificava l’ospital mia trave;
E co’ suoi rondinini io m’addormía.
Quando pei lembi de le sceme imposte
Il primo albor del ciel s’intromettea,
Sentiva un bacio intiepidirmi il viso;
Era mio padre che venia per uso
Con quella sua carezza a ridestarmi
Soavemente, si che amore e luce
Fûr le primizie de le mie mattine.
Non piangere, o Maria! Cantando allora
Scendea nell’Orto rorido di stille,
L’alba negli occhi, e l’avvenir davanti;
Ed aspirava da per tutto Iddio.
Poscia un fiore coglieva, il più soave
Abitator de le modeste aiuole,
E sul guanciale de la madre mia
Lo posava, però che quella santa
Dopo i suoi figli e il padre dei suoi figli
Amava molto i poverelli e i fiori:
E il bacio avuto deponea sul fronte
Purissimo di lei. Quegli eran giorni!
E la vita mi parve una catena
Di carezze, di fior, d’inni, di raggi,
Di cui le anella si perdeano in cielo...
Oh! basta, basta! Piangi ora, Maria;
Chè que’ due benedetti io li ò perduti,