Dimmi, poeta, se talor t’avviene
Di notar, nel pensoso ozio fecondo
Dei solinghi passeggi, o le deposte
Sopra la sabbia ricamate valve
D’una conchiglia, o di lontan le immense
Fosche e lucenti linee del mare:
Il laro che precipite si tuffa
Ne l’onde, o il turbin che da l’onde sale;
Se talora seduto a la campagna
Vedi ne l’aria animaletti in danza
Sul tuo capo ondeggiar; vedi per terra
Un vorticoso brulichío di vite
In socïali uffici affaccendate
Pei labirinti de le lor dimore;
Se guardi al cielo, e pensi a gli infiniti
Soli ristretti in un argenteo punto
Di nebulosa; se ti guardi dentro
E nel mondo de l’anima contempli
Ombre di colpe, lampi di virtude,
E un tumulto d’amor, d’odii, di sogni,
Di desir, di speranze e di memorie
Agitato vagar; se le stupende
Grandezze ammiri, e gli stupendi nulla
De l’universo: di’, non senti i sacri
Turbamenti de l’arte, e il provocato
Estro non t’arde; e dentro non ti parla
Di Dio, di patria, di virtù, di gloria,
Di mille cose, onde il mortal si eterna?
X.
Ahi sventura! I possenti avi peccâro
D’oltracotanza, ed è per noi fatale