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110 accanto a roma.


IX.

     Ma dimmi innanzi quanta luce in mente
Ti splenda: e quanta carità ti scaldi
Il cor; però che prima Musa è il core.
Di’, senti tu continüa, profonda
Una pietade d’ogni altrui sventura
Con sùbito desio di consolarla?
Pietà de l’egra tapinella assisa
Sul canto de la via che leva il croceo
Occhio a chi passa, e le febbrili palme;
Pietà d’un servo popolo che indarno
Ringhia di sotto il piè che lo calpesta;
Pietà di tutto cui quaggiù castiga
La inevitabil legge del dolore;
Pietà persino de le inerti cose
Che forse (e chi lo sa?) soffrono anch’esse?
Dimmi, in qualche animoso impeto santo
Ài tu sentito balenarti in petto
Per fin la brama di cadere un giorno
Martire de l’idea che ti governa?
Ài tu patito in solitario affanno
A la perfidia d’un amico, o de la
Donna che amavi? — Ài pianto in sul ferètro
Di creature che ti fûr dilette?
Di’, renitente invano a la soave
Vïolenza del bello de la forma,
Ardi tu sempre di gentile amore?
Adori tu le maraviglie eterne
De la natura, e senti la segreta
Voce di Dio che parla da le cose?