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accanto a roma. 107

Per le infami convalli e per i monti
Splendida stella del mattin sorgevi
A fugare i fantasmi e la selvaggia
Nordica notte che velava il mondo.
Nè pria nè dopo s’è giammai veduta
Stella, come la tua, che fiammeggiasse.
E lungo la Penisola si sparse
Un fremito di carmi e d’armonia
A mattinar la nuova civiltade,
Qual si mattina una recente sposa.
Severo fior di lagrime irrigato
Spuntò il tuo genio da una tomba; poi
Che il casto amore d’una bella morta
E di Firenze il perfido rifiuto
Ti fecero per l’ombre ir pellegrino,
Tu scegliesti, esulando in fra le plebi
Faconde, il conio de la tua parola
Sicura; e dal macigno ancora informe
Dell’idïoma italico traesti,
Scultor sovrano, nudità robuste
D’immortali figure, che, varcata
L’onda infernal su la funerea barca,
Seminasti qua e là per i diversi
Orizzonti di tenebre e di luce
Dei regni spenti. E colaggiù, siccome
Ti fossi assiso all’origlier di morte,
Di tutti che perîro a’ giorni tui
Ne giudicasti l’anima, i nemici
Cadaveri scagliando a le gemonie;
Di soavi Piccarde e di Cunizze
Provvedendo i tuoi cieli. Ivi dall’alto
Tu saettasti il Vaticano, e i sacri
Sardanapali de l’altar, ingordi