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104 accanto a roma.

Simili a quelle meste melodie
Che si propagan sopra la laguna
Se canta il gondolier con le sue rime.
O divino infelice, a te fu l’estro
Patimento; l’amore assenzio; il genio
Follía; la vita un carcere; l’alloro
Serto funebre. All’ombra de la quercia,
Ove per uso ti assidevi, io pure
M’assisi un vespro; ed ero triste; e piansi
Pensando a te. Pensando a quell’arcano
Terror d’un uom che il primo istante sente
L’intelletto smarrir: a quell’acuta
Gioia del rïaverlo: a quel selvaggio
Brancolar del pensier fra le tenèbre
Rotte dal lampo traditor degli egri
Sensi: a quell’ora d’infinita angoscia,
Quando lo spirto disperato tenta
Aggrapparsi a un’idea, come nell’onde
A una trave, e si vede a poco a poco
Franar in un incognito profondo
Dove scompare Iddio, dove il delirio
Ebete ride, o scompigliato corre,
E si rovescia e voltola facendo
I sonagli squillar de la follía.
Infelice poëta, anch’ella ormai
In questa terra dove tutto cade,
La tua quercia è caduta. Altro non resta
Che una fonte, una lapida, e l’eterno
Riso de la Campagna. - Or tu concedi
Che, riverenti, a la tua cetra d’oro
Togliam la corda che cantò la gloria.