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102 accanto a roma.

Sta la concava costa desolata,
Ove fu Sparta la città di ferro.
Ivi è un avello da la pia difeso
Carità de le Muse incontro ai nembi
Di grandine, che scagliano le vinte
Rupi messenie sul cantor defunto.
Presso la fossa per arcano istinto
Cavan lor nido, nell’aprile, i nivei
Cigni di quella greca aura amorosi.
Come brando fedele a cavaliero
Posa con le vocali ossa una lira;
E ben gli sta, però che un dì Tirteo
Si armò di lira, fulminò col verso,
Vinse cogl’inni. Da la viva fiamma
Di picciol lume se ne accendon mille,
E al fuoco di quel fiero estro d’Atene
S’accendeano i guerrier, che ne la mischia
Precipitavan misurando i passi
Sul metro audace de le sue canzoni
Trïonfatrici. — A lui togliam la ferrea
Corda de le battaglie.

V.

                                                  Invida turba
Di cortigiani con beffarde risa
Da una tragica reggia un dì cacciâro
Un grande malinconico. Pei campi
Pallido errò, limosinante, immondo,
Egli il gentile cavaliere, e in forse
De lo intelletto. Gli parea nei balzi
De la sua fantasia, dopo le spalle