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il monte circello. 89

Che per corolla à la beltade, e spande
Per effluvio mollissimo l’amore,
Quel fior gentil che si nomò la donna;
Un immenso sepolcro era la faccia
Arida de la terra, ove confusa
Giacea d’alberi folla e d’animali,
Che un tempo fûr, nè torneran più mai;
Però che sul fecondo orbe regnava,
Inesorabil vergine, la Morte,
Mietitrice indefessa, ed indefessa
Seminatrice di novelle vite
In nuove forme.
                              Ai tremuli sedotta
Riverberi di luce, onde un vulcano
Imporporava le sinistre baie,
Remigando pel grigio aere veniva
Una nube crudel di volatori.
Valido d’Idra e flessüoso il collo,
Siepe acuta di denti, ale di pelle,
Onde le pronte fantasíe d’Atene
Divinarono il Drago. Allor che a volo
Passavan, come funebri bandiere,
Päuroso clamor si diffondea
Sopra i paludi, e rispondean dai torbi
Guadi con tristo sibilar le serpi.
E sovente quel gemito in acute
Strida mutava di duello, e forse
Fervean non viste aëree battaglie;
E forse allora vorticosamente
Scendea ferito a sbattere sul loto
Il fantastico augello; e quella lieve
Orma del piè, quella fugace posa
Dell’ale stanche diventâr di marmo;