La notturna elegía dell’usignolo;
Al limitar di nuzïal caverna
Non era apparsa ancor la lïonessa.
Salutando le selve col ruggito
Da imperadrice; per le fresche lande
Un segno di gemelle orme non anco
Il galoppo tradía d’una puledra;
E pur grande e fantastica, siccome
Visïon di profeta, era la vita
Che si agitava in su la terra.
Ai miti
Crepuscoli dei languidi mattini
Predestinata a veleggiar sui mari
La progenie dei nautili tendea
La vela vaporosa, onde fe’ liete
Quelle viventi navicelle Iddio;
E cullata dai fiotti iva girando
Per mezzo all’isolette di corallo
Come flottiglia che si vede in sogno
Movere in traccia di novelli mondi.
Di sotto ai muschi pallidi celato,
Molta col verde de le immani membra.
Striscia di lito misurando, stava
Perfido pescatore un coccodrillo;
E fiso con l’immoto occhio su l’acqua
L’avo gigante degl’Iddii del Nilo
D’un improvvido squalo iva spïando
Gli ultimi guizzi. Perocchè Natura
Con perenne di stragi e di battaglie
Alternarsi preluse al nascimento
Del suo re doloroso. E allor che un fiato
Di paradiso fe’ sbocciar quel fiore,
Caro elitropio che si gira a Dio,