Che alla Terra narrò l’ira d’Achille
E il generoso Prïamide avvinto
A la biga selvaggia e strascinato
Ne la fuga dei tessali cavalli
Per i funebri campi invan difesi:
Quei che sedè sull’errabonda prua
Dell’Itaco a ridirne i fortunosi
Veleggiamenti, e le vendette e il senno;
Che nei silenzi de la giovin terra
Fu solitario imperador del canto;
Cui fu spento il poter de la pupilla,
Forse perchè da le superbe altezze,
Dove il genio si leva, avea mirato
In troppo audace vicinanza Iddio.
Surse quel Greco, e la serena fronte
Reclinò sull’abisso, e con l’acuto
Fischio de’ venti, e col muggir dell’onde
Parve la glorïosa arpa accordasse:
Poi da le labbra gli sgorgaron inni
Inconcessi ai mortali; ed ogni sua
Malinconica nota era pöema:
Ma questi sol de lo ispirato carme
A me l’invidiosa aura assentiva
Nobili accenti:3
“Vaghe anime umane,
Povere navicelle avventurose
Che navigate su l’arcano e amaro
Oceano di speranze e di desiri
Che appellan vita; oh! non vi punga mai
Cupidità di perigliarvi in questo
Paradiso di Circe ammalïate.
È voluttade un pauroso scoglio
Fascinatore, a cui naufraghe vanno