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poi loro i diritti veramente sovrani di far guerra e pace con tutte le genti non cristiane, e d’arrestare e ricondurre in Europa ogni sùddito britànnico che ponesse piede in India senza loro licenza; e donò loro inoltre l’isoletta di Bombay, che una infante di Portogallo avèvagli recata in dote. Per tal guisa èrano poste le fondamenta dei tre governi di Calcutta, Madràs e Bombay.
Se non che, poco di poi avendo essi preso a cozzare col nabob o vicerè del Bengala, non solo furono cacciati dalle rive del Gange, ma il sultano Aurengzeb comandò di cacciarli da tutti i suoi dominii. Due loro inviati, Wildon e Navar, vènnero tosto a prostrarsi appiè del suo trono, con una fune intorno alle mani e alla cintura, confessando d’aver peccato e implorando perdono. — Certo l’irresistìbile Mogolo, nell’atto che compartiva loro la sua clemenza, non pensava che fra cento anni i supplichèvoli stranieri avrèbbero signoreggiato con vittoriose armi tutti i suoi regni.
Fin da quel tempo i direttori della Compagnìa mostràrono qualche ambizione di trapassare dal commercio ai conquisti di terre. — «L’incremento della nostra rèndita territoriale, essi scrivèvano, deve èssere oggetto delle nostre cure al pari del commercio. Senza di essa non saremmo più che un nùmero più o meno grande di mercanti.» Còlsero essi l’occasione che li abitanti si levàrono a tumulto contro il nabob, e affettando di parteggiare per lui, gli chièsero tosto licenza di premunirsi contro la vendetta dei ribelli. E inalzàrono una fortezza a Calcutta sul basso Gange; e intorno a quel pòvero villaggio impetràrono poi dal figlio d’Aurengzeb una lista di terra, lunga un miglio e larga tre, primo loro dominio, sul quale fondàrono una città che ora annòvera seicento mila abitanti.
Intanto la Càmera dei Communi, che aveva già trasferito a Guglielmo d’Orange l’antica corona delli Stuardi, e temeva che le ricchezze della Compagnìa divenìssero strumento di regali influenze, cominciò a mormorare contro quel privilegio d’esclusivo commercio, richiamàndosi al naturale diritto d’ogni uomo di comprare e vèndere non meno in India che in Europa. All’ombra di quella opposizione venne formàndosi un’al-