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teme il contatto altrùi, egli solo può contaminare senz’èssere contaminato1

E qui pare a noi che venga a scoprirsi uno dei più profondi e riposti aspetti di questo grave argomento: l’ìntimo contatto fra l’Europa e l’India non può cominciare dalle alte caste. È forza che quelle antichìssime e nobilìssime fra le umane famiglie, sotto il peso della conquista e fra le brutture della povertà, si confòndano colle mìsere plebi di cui per tanti sècoli hanno superbamente disdegnato il consorzio, e nel contatto quotidiano disimpàrino il vicendèvole aborrimento, e nel seno dell’umiliazione apprèndano il principio fraterno dell’umanità. — L’uomo isolato è una cera atta ad assùmere ogni forma; il principio determinante è la società; le condizioni della società sono le fonti del bene e del male. Quando i vìncoli sono tali che ne può venire solo il male, solo ignoranza, debolezza, iniquità, primo principio del bene è la dissoluzione dei vìncoli antichi, comunque mìsero sia lo stato d’una società nell’atto che si va disciogliendo in una moltitùdine confusa.

Nel sècolo XVI varii Inglesi si spìnsero con navi armate sino ai lontani mari delle Molucche e delle Filippine, piuttosto corseggiando che trafficando, chiamati perciò mercanti venturieri. Altri meno facultosi o meno audaci si unìrono in compagnìa (1595), svolgendo senza avvedersi il nuovo e poderoso principio dell’associazione. Avendo soscritto per due millioni di franchi divisi in cento azioni ineguali, ottènnero un privilegio esclusivo di navigare al di là dello Stretto Magellànico e del Capo. Fatta principale loro stazione a Surate, aiutàrono i Persiani a cacciare i Portoghesi da Ormuz (1623); e in onta alla fiera opposizione delli Olandesi, in pochi anni pòsero varie stazioni mercantili sul basso Gange, su le riviere del Coromandel, su le ìsole della Sunda. Il chirurgo Hamilton si valse del sommo favore in cui era salito alla corte del Mogol, per impetrare a que’ suoi nazionali il riscatto da ogni gabella, pel tenue tributo annuo di tremila rupìe (fiorini). Il re Carlo I concesse

  1. Penhoën. L’Inde, Vol. II. 168.