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combàttere con un tanto nemico. Ebbi il premio de’ miei sudori; e l’India è mia. Non però ne do gloria a me; bensì all’Onnipotente, che si degnò soccòrrere alla mia debolezza.»

I vinti Afgani rialzàrono il capo, mòssero con altri centomila combattenti sul campo di Byana; ma il mogolo sfondò coll’artiglierìa il centro nemico, vi si precipitò colla sua guardia; vincitore inalzò una piràmide di teschi delli uccisi. I pòpoli dell’India, spaventati e mèmori di Timur, difèsero come loro propria la càusa delli Afgani. I Rageputi, assediati in Chundery, compièrono il tremendo rito dell'ioar, uccidèndosi tutti, insieme colle donne e coi figli. Ma Baber fece obliare la sanguinosa vittoria. Era bello della persona, affàbile, giusto, facile al perdono; scrisse le sue memorie con rara semplicità d’ànimo e di stile: era di costumi lieti, e sopra una fontana de’ suoi giardini aveva scritto in versi suoi: — «A me il generoso vino e le donne belle; a voi le altre cose; godi, Baber, sinchè il puoi; gioventù passa e non torna. » — Suo figlio Humayun fu cacciato dall’afgano Sheer-Khan; ma dopo una vita errante e infelice, tornò coi soccorsi della Persia: e vittorioso poeta come suo padre, cantò le funeste delizie che appresta alli Asiàtici l’uso dell’opio; fu studioso di geografia e d’astronomìa; aveva dedicato i sette suoi palazzi ai sette pianeti, ornàndoli di fregi allusivi. — II suo successore Akbar, che gli era nato nel deserto al tempo amaro dell’esilio, e ch’era stato due volte prigioniero, vinse di nuovo li Afgani su la fatale pianura di Paniput. Il vecchio suo tutore Beiram gli trasse avanti in catene il conduttiero nemico, ed esortollo a trucidarlo di sua mano. Akbar, non appena l’ebbe tocco colla sciàbola, la rattenne, e proruppe in pianto: ma Beiram, dàtogli un torvo sguardo, decapitò d’un colpo il prigioniero. Akbar, benchè umano, fu bellicoso; fu vìgile e indefesso nel governo delle cose; fece comporre dal suo ministro Abulfazil la celebre descrizione dell’India, detta Ayeen Akbar. Li orientali lo rammèntano ancora come l’ideale dei regnanti. — I successivi sultani dilatarono l’impero nella penìsola, nel Tibeto, nel Turchestan, luttàrono colla Persia e colli Afgani; ma colla ragion di stato delli orientali fùrono carcerieri e carnèfici delle loro famiglie. In-