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fra il Gange e l’Indo, e al quale forse appartenèvano quelle famiglie che regnàrono nell’India sotto il nome di figli del sole. In Ceilan vive ancora la tradizione che su le rive del Gange la prisca gente abitasse nelle caverne della terra, e si sfamasse d’ erbe selvagge; e che un dì allo spuntar del giorno, si vide uscire a poco a poco dal luminoso disco un uomo bello e maestoso. — Io sono figlio del sole, egli disse ai pòpoli che meravigliando l’adoràvano, e vengo a governare il mondo.— E regnò sopra di loro, e ammaestrolli a edificare le case e seminare i campi. Ma, come osserva l’illustre Romagnosi, queste dottrine delle potenze naturali, dopo aver vestito li astri coll’imponente maestà d’èsseri intelligenti e dominatori, dovèvano bentosto proscrìvere come nociva ogni cognizione che potesse spogliarli delle qualità e delli onori loro attribuiti; perlochè, occultati i principii e le ulteriori scoperte, le dottrine arcane dei sacerdoti si divìsero sempre più dalle popolari. — Per tal modo le dottrine che avèvano dato il primo impulso alla cultura, divènnero ben presto ostàcoli ad ogni progredimento.
Come nei primi tempi si diffuse sui lidi d’Italia la civiltà etrusca, così su le rive occidentali dell’India approdàrono in cerca di perle e d’altre dovizie i Fenici, o Àrabi marìtimi; e pare vi fondàssero una colonia sotto il nome di Pandèa, la quale venne figurata poi come le altre imprese dei Fenici nella chiara legenda d’Èrcole, che fa regina di quel paese la sua figlia Pandèa, e raccoglie in quei mari le perle per adornarla1. E parimente, come lungo il Po vediamo discesa in Italia l’indelèbile pronuncia dei Celti, così lungo l’Indo e il Gange còrsero fin da remoti tempi le favelle diffuse nella Persia e nella Media. Quivi aveva sede in Nisa, non lungi dal Caspio, quel sacerdozio che sotto il nome del Dio di Nisa propagò per opposta parte i suoi riti fino in Grecia e in Italia,
- ↑ «Regionem quoque in qua nata est et cujus imperio eam præfecit Hercules, Pandæam a filiæ nomine appellatam..., Margaritas.... ex universo mari versus Indiam colligi jussisse, quibus fìIia ejus ornaretur. Arrian. Ind. VIII, 7, 9.»