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82 | VITA DI DANTE |
gnone, come quella che fosse dannosa all'Italia ed alla chiesa. Ora Bonifacio, tanto bersagliato dalla Divina Comedia, era pur papa di Roma e nato in terra romana; e il soggiorno dei pontèfici in uno od altro luogo non tolse mai nulla nè aggiunse alla loro autorità.
Dante scrisse da ghibellino; e Balbo si protesta guelfo; il che davvero non aggiunge valore a ciò ch'egli può scrìvere per chiarire il vero ànimo di Dante. Balbo vuole che la parte guelfa sia la parte nazionale in Italia; eppure nei vespri siciliani, che fùrono un fatto di nazione quant'altro mai, non si fece strage se non di guelfi.
Invero non si vede parte nazionale, dove l'una invoca Arrigo di Lussemburgo e l'altra Carlo di Francia, e tutta l'Italia vien corsa da Provenzali e Angioini e Svevi e Fiamminghi e Inglesi e Catalani e Caorsini e Guaschi.
La mente si affatica a dipanare quella scarmigliata matassa che il tempo fece dei guelfi e dei ghibellini, quando vènnero a intrecciarsi le rivalità marìttime, le ingiurie confinali, li avvolgimenti dei trattati e delle leghe, li interessi delle famiglie, le ambizioni dei capitani e i casi delle battaglie. Troviamo ghibellina la più valorosa di quelle repùbliche, Pisa; troviamo guelfi i Signori d'Este e molti baroni d'Apulia. Nondimeno a chi prende le cose dai loro principii e le corre d'un guardo generale, appar chiaro che tutta quella mischia proveniva dalla resistenza che i feudatarii delle provincie dovèvano opporre al rinascente potere delle corporazioni cittadine. Erano due mondi diversi, due leggi, due vite; la società rurale e la società urbana, distese in lungo e in largo per tutta la penìsola a combattersi e divorarsi; èrano come una stoffa in cui la trama e l'orditura sono fili di diverso fiocco, e il più duro rode l'altro e lògora sè stesso.
Ed ora in te non stanno senza guerra
Li vivi tuoi, e l'un l'altro si rode
Di quei che un muro e una fossa serra.
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Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
De' tuoi gentili.