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VITA DI DANTE | 75 |
ognun di loro si munisse d'un Dante, per uso di tutta la vita, o almeno per apparato scolàstico, se ne richiederèbbero altre più migliaia di copie ogni anno. E non poniamo in conto le edizioni eleganti e costose, che lo studente, fatto mèdico, fatto avvocato, pone in luogo del sùdicio esemplare giovanile, e destina agli onori del marrocchino ed ai sonni inviolati della librerìa virile.
Parrà irriverenza e barbarie parlar di Dante con questo gergo numèrico. Eppure le ristampe non si farèbbero, se non accorrèssero costanti i compratori. Perlochè il nùmero di quelle edizioni segua certamente il favor pùblico e le propensioni di chi scrive ai nostri giorni, all'incirca come i gradi del termòmetro dinòtano i tormenti dell'inverno e gli affanni dell'estate, o come i pòllici del baròmetro annùnciano di quanto un luogo si appròssimi di livello alle alpi gelate o alle tèpide aspèrgini del mare.
Fin da quando il buon Muratori risvegliò la istoria del medio evo, e il Varano gettò fra le corrotte academie la prima imitazione dantesca, l'Italia infervorata a ristaurare le memorie del suo risorgimento, volle riannodare la catena della letteratura sociale, e da trastullo di scioperati tornarla strumento di vita civile. Gli scrittori non furono paghi omài di far millanteria d'ingegno in un crocchio d'iniziati; ma si dièdero maestri delle moltitùdini e nunci dell'ùtile e del vero. Parini e Gozzi sbeffarono l'inerzia adagiata nei cocchi lombardi e nelle gòndole veneziane; Beccarìa, Verri, Bandini, Filangieri scrùtarono le insituzioni civili; Baretti sgridò gl'Italiani, perchè non èrano Inglesi; e Alfieri pensò rifarli da capo, perchè non èrano più Romani. Egli allora li volle virili, torvi, frementi; altri cominciò poco di poi a volerli tutti eterei, melliflui e sospirosi; non manca chi li spera fra poco tutti neri di carbon fossile e di ferraccia. E allora e poi, gli scrittori si elèssero fini arditi, altìssimi, forse impossìbili, come se la nazione fosse una materia prima, senza opinioni, senza antecedenze, senza volontà; un frusto di ceralacca, che dovesse prèndere ogni impronta ad arbitrio degli scriventi.
Ma intanto tutta la nostra letteratura è trasmutata. Non più