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71 IL ROMANZERO

quello qualunque sìasi che mise insieme le parole originali d'Omero, cercò le più belle e armòniche e luminose che la lingua greca a quel tempo gli porgeva; e fece nè più nè meno di ciò che Vincenzo Monti fece ai nostri dì colla lingua nostra, quando volle farci una visione di quell'antica bellezza. E se nel frattempo la lingua greca si andò mutando, cosicchè la locuzione omèrica perdette il suo fiore giovanile, e apparve ai pòsteri veneranda e rugosa, noi colle nostre versioni dobbiamo piuttosto cercare di collocarci al punto di mira in cui furono i contemporanei d'Omero, che non in quello delle età posteriori, le quali non hanno diritto di frapporsi fra Omero e noi.

V'è in castigliano un'altra poesia sul Campeador, e il traduttore parrebbe crèderla più antica delle romanze ch'egli stesso tradusse. Si chiama propriamente il Poema del Cid; e alcuni lo attrìbuiscono a Pietro cantore della Chiesa di Sivilia, altri ne lo fanno solamente copiatore; e così risurge sempre il dubbio omèrico. Si trovò manoscritto in Vivar, patria del Cid; ma la mano sembra del sècolo XIV.Le assonanze in questo poema divèngono spesso vera rima; ma gli eruditi soli potranno chiarire con minuto paragone questi equìvoci segnali dell'età. Vuolsi però aver sempre in mente, che fin quando un poema non si rende immòbile nel manoscritto, fino a quando rimane esposnto all'arbitrio dei ripetitori popolari, può sempre contrar modi d'un'età posteriore a quella in cui venne primamente composto. E inoltre il verso del Poema è più lungo, meno lirico e più eròico che gli sparsi frammenti del Romanzero. Appena si troverebbe in Omero uno spondaìco più maestoso di questo:

«Tu eres Rey de lo Reyes, y de todo el mundo padre.»

Pare che i cenni fugaci della romanza lìrica nel Poema si distèndano in più robusta ed èpica forma. Èccone un esempio:

«I Mori lo affrontàno per torgli la bandiera; gli avvèntano gran colpi, ma nol posson ferire. Disse il Campeadore: Per un Dio, salvàtelo. Imbràcciano gli scudi sul cuore; arrèstano le lance adorne di pennoni; chinàno sugli arcioni la faccia, e