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68 | IL ROMANZERO |
d'Aragona e Ramiro di Navarra. Tutta la istoria dei gèneri del Cid è sparsa di fatti ignòbili e piena di ciclopèa rozzezza; è il rovescio della medaglia; è la istoria prosàica che da di fodera alla poesìa.
Il Campeador, pròssimo a morire, presentando l'assalto del re àrabo Bukar contro Valenza, chiama a sè la sua famiglia ed i suoi fidi; e vieta loro di piàngere la sua morte, perchè i Mori non ne prèndano baldanza. Vuole che il suo cadàvere, imbalsamato colle essenze che gli mandò in dono d'ammirazione il sultano di Persia, vestito dell'arme e colla spada nuda in pugno, sia posto sul diletto suo palafreno; e gli si spieghi inanzi il suo vessillo, come quando vinceva le battaglie; e si proceda come per combàttere l'esèrcito saraceno. Egli morendo si consola di non esser più èsule:
Non moro in terre estrane; in mio paese
Io moro.
Fra quelle parole entra Ximena. Vedùtala in grande affanno, gli astanti rattèngono il pianto, e il Cid si tace.
Il fedele Gil Diaz imbàlsama il cadàvere del Campeggiatore, lo assicura a cavallo, vestito di tutte armi, e seguìto da seicento cavalieri, i quali per mirabil visione sèmbrano al nemico settantamila.
Settantamila cavalier cristiani
Biancovestiti come neve, e a guida
Di tal che fea terror, sovrano a tutti,
Si càndido destrier, fregiato il petto
Di rossa croce. E bianca insegna ha in mano,
Simile a fiamma ha il brando.
I Mori fùggono alle navi; diecimila ne inghiotte il mare; muòiono venti re, i Castigliano onusti di prèda riprèndono la via, e depòngono il vittorioso cadàvere nel tempio di Cardegna.