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66 | IL ROMANZERO |
tempio di Cardegna, dove i sacerdoti benedìcono la sua bandiera, ch'egli tutto armato abbraccia, dicendo:
O insegna benedetta, un Castigliano
Iniquamente dal suo re bandito,
Ma compianto, ti leva.
E giura di rispòndere da fedele vassallo alla sconoscenza del suo re, e di tributargli tutte le conquiste che farà sui Mori; e abbracciata la sposa e le figlie le abbandona mute e lagrimose. Entra adunque con cinquecento prodi nelle terre dei Mori, e vince battaglie, e prende castella e città; e manda all'ingrato Alfonso cento superbi destrieri, e cento schiavi che li guìdano a mano, e le chiavi di cento castella, e quattro re prigionieri.
In altro canto, l'èsule stesso dipinge la dura sua vita: «Io sono il Cid Campeador, che nelle battaglie precorro coll'arco e colla lancia ogni guerriero, e non dormo sotto tende, e mango sulla nuda terra, e non veglio la notte a meditare inganni per espugnare i regni altùi; ma li conquisto col mio valore. E se espugno un castello, fo tosto scolpirvi in pietra le armi del mio re». Ma poi soggiunge:
Io piango,
Quando rimango sol, la mia Ximena,
Tortorella solinga in terra altrùi.
Dopo la vittoria egli comanda a' suoi d'aver cura dei feriti e dar sepolcro agli estinti, e dire in suo nome ai prigioni, ch'egli è terribile in guerra ma clemente in pace, e affidarli ch'ei non intende lasciar loro le figlie in preda a' suoi guerrieri.
Presa ai Mori la ricca città di Valenza, egli ne manda le spoglie al re Alfonso, e gli scrive d'avergli in due anni in d'esilio conquistate colla sua spada più terre che non gliene lasciasse in retaggio il re Fernando, e che non è ventura d'altri che del re alfonso, se inanzi ai vessilli del Campeador le migliaia di nemici sono tènebre che saetta il sole. Quei che in