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IL ROMANZERO DEL CID | 55 |
nebbie d'Ossian, riprodusse il romanzo solitario di Goethe, e il romanzo sociale di Walter Scott; ma non si curò mai gran fatto d'àttingere inspirazioni alle fonti spagnole. Nè le tradizioni guerriere del Cid, nè le facete novelle di Don Chisciotte e di Fra Gherundio, nè le guerre degli Aràuchi, èbbero imitazione popolare fra noi. Anche i pochi ingegni irrequieti che vògliono giùngere a tutto, fùrono molte volte paghi d'informarsi delle cose spagnole nelle infide traduzioni dei francesi e nelle nebulosa estètiche dei tedeschi.
In mezzo alle tante simiglianze apparenti che il tempo diffuse sulle popolazioni dell'Italia e della Spagna, rimàsero pur sempre certe radicali e frenòlogiche differenze, che la natura primamente improntò nelle due stirpi. E forse queste irreconcilìabili dissonanze mentali e morali non lasciàrono sùrgere dal forzoso contatto delle due nazioni quelel grandi simpatìe, per virtù delle quali presso un pòpolo talora si riflette la similitùdine d'un altro pòpolo, per cui Canova potrebbe dirsi greco, Beccarìa francese, Mozart italiano.
In onta alla lunga azione del tempo e alla commistione delle stirpi straniere, il pòpolo spagnolo ricomparve tratto tratto qual si mostrò fin dai primordii delle istorie. L'assedio di Numanzia e la rivolta di Viriato sono due forme nazionali, che si raffigùrano ancora ai dì nostri nell'assedio di Saragozza e nelle imprese dei guerriglieri. Viriato e Pelagio, il Campeador e Padilla, Mina e Zumala, sono figure che hanno fra loro un sembiante di famiglia, non ostante la immensa distanza dei tempo e delle vicende, come un sembiante di famiglia d'altra maniera sembra pur còrrere tra Cèsare e Napoleone. Una profonda differenza ben tosto appare fra l'inflessìbile e circoscritta ìndole spagnola, e la varia e feconda natura della nazione italiana, la quale tratta colla stessa felicità il timone di Colombo e il compasso di Palladio, la spada di Massena e il connochiale di Galilèo, l'induzione di Vico e l'arco di Galvani, e in una delle men gloriose sue età, in mezzo alle ironìe delle naizoni malèvole, scrive ne' suoi fasti Napoleone e Lagrange, Rossini e Volta. Le popolazioni ibèriche hanno acuto e potente ingegno, ma non imprèssero finora profonde vestigia negli annali d'alcuna scienza.