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VIII PREFAZIONE

non dato con disprezzo da strascinare ai servi della gleba feudale. E perciò non vedeva perchè dovessimo apprenderci con unico e fanatico amore a quel medio evo, il quale se fu l'occasione d'altre civiltà, fu solo un internodio nella longeva vita della nostra; e non venne per noi colle leggi, nè colle arti, nè colla gloria delle armi e dell'ingegno, ma fra una squallida bruma d'ignoranza e d'avvilimento. E per ultimo non mi pareva che si potessero senza sdegno udire li ammaestramenti che Schlegel e la Staël accompagnavano con sì arrogante vilipendio della generazione vivente in Italia, rappresentata pure con antica grandezza da Volta e da Napoleone e appena uscita da un'asprissima prova di valore e sangue. Perlochè mentre molti annunciavano in quelle antinazionali dottrine un'improvvisa rigenerazione letteraria, e poco meno d'una redenzione, io vedeva solo una nuova onda delle transitorie opinioni. Dove il coetaneo sogna e zela sùbito e vasto mutamento d'animi e di cose, talvolta il pòstero appena riconosce compiuto un passo nelle consuete vie d'una nazione; le quali essendo preordinate da lontanissime e perenni e indistruttibili cause, non si mutano per sì breve e sì tenue sforzo di pochi. Ora sono trascorsi li anni; e possiamo persuaderci che la novella dote infusa da quella riforma alla madre Italia non fu al certo la fecondità. Non apparve peranco un nuovo Goldoni che gittasse sèedici comedie in dòdici mesi, o riescisse più fedele dipintor del suo popolo. I capolavori riescirono rari e preziosi quanto per l'addietro; la potenza del vapore non entrò a sollecitare i frutti dell'ingegno. Pur troppo il mondo morale è una machina male spalmata, che si move con chiasso. E talora fa chiasso e non si move.
Perlochè in quelle poche cose che per le suddette occasioni e tentazioni del giornale mi vennero scritte, ebbi sempre l'intendimento di fare accorta la gioventù delle anguste opinioni in cui veniva di nuovo a rinchiuderla