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Le conifere erano tenute in gran pregio e riverenza presso gli antichi. Del cedro del libano (il più bello, il più robusto fra gli alberi conosciuti agli Ebrei) fanno spesso menzione le sacre carte. Esso è l’immagine, esso il paragone prediletto ai Re, ai Profeti di quella nazione ogni qual volta vogliono rappresentare la forza che resiste, la potenza che domina, la bellezza e la perfezione delle forme. Nè meno lo hanno celebrato gli scrittori greci e romani. Il suo legno, creduto incorruttibile, solevasi adoperare fin dai più remoti tempi a figurare simulacri di numi, venerabili imagini di gloriosi antenati:

» Quin etiam veterum effigies ex ordine avorum
» Antiqua e cedro....

Virg. Aen. VII.

E ne facevano pure e scatole e tipi e forzieri da riporvi quelle opere, che, meritevoli d’essere immortalate, per ciò appunto con frase proverbiale dicevansi latinamente digna cedro.

La resina che scola da quest’albero adoperavano, come già dicemmo, ad ungere i libri, affinchè si conservassero lungamente; onde que’ versi d’Orazio nell’arte poetica:

»... Speramus carmina fingi
Posse linenda cedro, et laevi servanda cupresso,

e l’altro dello sconfortato Ovidio:

» Nec titulus minio, nec cedro charta notatur.