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giganteschi, e in apparenza cotanto perfetti. Se si osserva attraverso alle lenti uno o parecchi di quei filuzzi, ne’ quali o naturalmente, o col mezzo della macerazione viene a scomporsi quanto havvi in queste piante di sodo e di legnoso, si trova che i tubetti, de’ quali sono formati que’ fili, qualunque ella sia la parte da cui si levano, hanno tutti una medesima apparenza, e rendonsi notevoli specialmente per certi punti, talvolta sì grandi, che sembrano veri fori, con assai bell’ordine e simmetria distribuiti sulla loro superficie, e circondato ciascuno da un’areola più o meno larga. Delle tante altre maniere di tubi, quali foggiati a modo di nastro o benda rivolta in spira, quali figurati da anelli, da linee, da strozzature, da reticoli, che riscontransi nel legno degli altri alberi, non presentano le conifere il più leggiero indizio, se ne togli forse alcune trachee (tubetti a spira) nell’astuccio midollare.
Le foglie in queste piante sono ordinariamente strettissime, soventi volte cilindriche o lineari, e terminate in punta a modo d’ago. Solo in pochi generi forestieri, come nelle dammare, nella salisburia, e in qualche altro della medesima sezione, le lamine s’aggrandiscono per gradi fino a raggiungere le dimensioni delle foglie comuni. Escono esse solitarie, o per coppie, o in fascetti di due, tre, cinque e più da una medesima vagina. Ve ne ha poi delle cortissime, e di quelle addossate l’una all’altra come le squame dei pesci e le tegole dì