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due palme coltivate l’una a Brindisi, l’altra a Otranto. Della fecondazione delle palme ragionò pure largamente Prospero Alpino nella sua opera sull’Egitto. Anche Cesalpino riconobbe il sesso nelle piante dioiche, accordandosi perfettamente coi botanici moderni nel dar il nome di maschi agli individui che portano gli stami, e di femine a quelli, che recano i frutti.
Verso la fine del secolo decimosesto Zuliansky estese a tutti i vegetali quel, che innanzi a lui si era creduto particolare di alcuni pochi, e distinse i fiori androgini dai diclini, e gli stami dai pistilli. Indi a poco Ray e Camerario con diligentissime esperienze misero in piena luce l’atto della fecondazione, e il vero ufficio delle parti, che vi si impiegano. Da quell’epoca in poi la teoria del sessualismo diventò volgare in botanica. Combattuta pur tuttavia da non pochi fitologi, ma difesa dalla maggiore e migliore parte di loro, fu poi da Linneo comprovata con osservazioni e argomenti di tal peso da parere incontrastabile.
Stringendo il molto in poco eccone la sostanza.
Ogni vegetabile di specie sì fatta, che abbia virtù di riprodursi per sementi, va fornito o d’amendue gli organi sessuali o almeno di uno; e la struttura, e le qualità dell’organo maschio sì bene corrispondono alla struttura, ed alle qualità della femina, che essi possono operare concordemente all’adempimento della funzione generatrice.