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la lunghezza del giorno; in fiori equinoziali, che si aprono costantemente ad una certa ora del giorno, e per la più parte si chiudono ad altra ora determinata, la quale però varia secondo la stagione ed il grado di latitudine per modo, che dieci gradi di latitudine più verso Settentrione danno una differenza quasi di un’ora. Eccovi alcuni esempj di questi ultimi, scelti tra i fiori più volgari, secondo le osservazioni fatte da Linneo pel clima di Upsal posto a 60 di latitudine Nord. Il dente di leone (leontodon taraxacum) s’apre tra le cinque e le sei del mattino, e si chiude tra le otto e le nove. La pilosella si allarga alle sette, e si stringe alle quattro. Il grèspino dei campi (sonchus laevis) spiega i fiorellini alle cinque e li serra tra le undici, e le dodici. La lattuga si apre alle sette, e dopo poche ore si chiude. Il cappero di padule (nymphaea alba) allarga il fiore alle sette del mattino per chiuderlo alle cinque del pomeriggio. Il fior rancio de’ campi (calendula arvensis) apre i fiori alle nove, e li raccoglie alle tre. D’onde chiaro apparisce potersi di leggeri, raccolti in un dato luogo parecchi di sì fatti fiori, combinare un cotal orologio, che tanto quanto supplisca al comune.
Quando poi nella vita tanto passaggera del fiore, l’alternativa della veglia, (che così chiamasi l’atto dello aprirsi), e del riposo (che è l’atto contrario) non accada che sola una volta, il fiore dicesi effimero. Diurni poi sono quei fiori, che si spiegano