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paese, dice Humboldt, è intimamente legata colla storia dell’intellettuale sviluppo de’ suoi abitatori, e da esso principalmente vuolsi derivare il genio particolare, che distingue la brillante poesia dei Greci dal tetro canto dei nordici bardi, e il notevole contrasto tra l’ingegno pronto, fervido, appassionato delle genti meridionali, e il temperamento chiuso, freddo, tardo del Lappone. — I fatti, i costumi, gli usi, le credenze di tutti i popoli sì barbari che civili, fanno testimonianza della grande influenza delle piante sull’uomo. Apriamo gli annali della storia, e vedremo come dai più remoti tempi egli nobilitasse e divinizzasse di alcune la origine (ponete del giacinto e dell’alloro); altre ne rendesse sacre alle più belle virtù; e in altre amasse simboleggiare i suoi più vivi affetti, e ricercarne persino una espressione, una reminiscenza, un linguaggio. — «Si trovò nella rosa l’immagine della bellezza; nel giglio l’emblema della purità; nella mammola il pudor verginale, e la virtù modesta e celata; colla fronda della quercia, dell’alloro, del mirto intrecciò l’uomo ghirlande da premiarne il valore guerresco, da incoronarne il dotto, il poeta, e la canizie del savio; abbellì di verzura e di fiori i monumenti dei grandi trapassati e de’ suoi cari; e fece di queste produzioni riverente tributo alla stessa divinità.»
Che se la semplice contemplazione delle piante è cagione di così soavi emozioni, di così dilicati