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l’uomo girare d’intorno a sé lo sguardo senza essere gradevolmente colpito da qualche mirabile scena della vegetante natura? Quanta semplicità nei fini! Quanta magnificenza e varietà nella esecuzione! Avvi quadro più ridente e grazioso di quello, che ci para d’innanzi in un bel mattino di maggio la rugiadosa variopinta superficie di un prato novellamente vestito; o il biondo ondeggiar delle messi sui campi nel cocente dì della canicola? E contro quel saettare del sollione vi porge ancora riparo la fresca ombra di un bosco, e morbido sedile un tappeto erboso; e qua vi ricrea l’olezzo fragrante, che tutto intorno a sé sprigiona; qua il gentile susurrare delle frondi commosse; e là sotto il salice, che piega i rami ad accarezzare la limpida onda del ruscello. Sublime è l’aspetto della quercia, o stia immobile nella calma e gravità de’ suoi lunghi anni, o si agiti e strida sotto l’urto dell’uragano, fin che, posato, rialzi la testa, come l’uom grande oppresso e non vinto dalla sventura. Cupo, malinconioso è il filare dei cipressi, che ti segna le vie della morte, e colle fosche sue ombre cresce tristezza al dolente, che conforta di pianto un’urna diletta. — E sembra che le piante sieno state dalla provvida mano del Creatore impartite a tutte le stagioni dell’anno per abbellirne ciascuna alla sua volta; a tutte le parti del globo per variarne l’aspetto.

La cognizione del carattere vegetativo di un