venuto, che in quelle sprezzate pianticelle avrebbe pur una volta trovata la scienza la spiegazione di quei terribili flagelli, onde il secol nostro fu minacciato quasi di provare le angosce di quelle spaventose carestie, per le quali il medio evo ebbe sì triste rinomanza! Pur così è: da queste crittogame e l’oidio della vite, e il calcino de’ bachi, e il male delle patate, che per poco non disertava intere regioni, ripetono l’origine loro, sicché solo nello studio di queste è da sperarne il riparo. — Per le quali cose tutte, se mal non mi appongo, appare dimostrato, come anche sensibili e per così dire materiali vantaggi ridondino dalla botanica, o scienziato che altri sia, o cultore di arti meccaniche e liberali, e massimamente se medico. — Ma posto eziandio che ciò non fosse (come invece è certissimo), non per questo dovrebbe la botanica amarsi meno in grazia dei puri e schietti godimenti, che ne procura, e dei grandiosi concetti a cui ne solleva l’animo. — E qui, o giovani, metto piede in tal campo, che a percorrerlo convenientemente bisognerebbe più forza d’immaginare e maestria di descrivere, che io non mi abbia, ed anche molto più tempo, che non sia concesso e dicevole ad una lezione. E farò come chi, trascorrendo per mezzo a stupende e note meraviglie, le mostra col dito ai compagni, e lascia a loro di compendiarne in un punto, e recarsene al cuore le sublimi impressioni. Ovunque si arresti o cammini, può egli