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»Antiqui sapientes folia etiam omnia fructus esse asserebant; sed humor tantus erat, quod non maturabantur, nec coagulabantur propter apparitionem caloris desuper, et festinationem attractus solis. Humor ergo, in quem non operata est digestio, alteratus est folia; nec habent folia aliquam intentionem, nisi attractum humoris, et ut sint cooperimentum fructuum a vehementia solis; elideo oportuit, similiter ut folia essent fructus; sed humor ascendit super ea, et alterata sunt folia, ut diximus. (Libro 11. Cap. 9).»

Ma il più celebre dei botanici romani è Pedano Dioscoride di Anazarbe in Cilicia, medico delle armate sotto Nerone. Viaggiò egli l’Italia, la Grecia, l’Asia minore, e le Gallie per studiarvi le erbe medicinali e scrisse un’opera, in cui tratta delle virtù di tutte quelle piante, che erano conosciute a suoi tempi. Se grande importanza abbiamo data alle opere di Teofrasto per la storia della botanica generale speculativa, una non minore dobbiamo attribuirne rispetto alla botanica pratica e applicata agli scritti medici di Dioscoride. Perocchè valga il vero quel tanto di buono e salutare, che si conosceva circa l’uso delle piante dalle sì diverse genti, sulle quali stendeva Roma il suo scettro di que’ tempi, tutto si trova in essi compendiato e raccolto. Nè si vuol credere, che le siano notizie sparse come a caso e scompigliate: ogni cosa vi è collocata al suo posto giusta un metodo razionale fondato sulle speciali