sta chiuso nel cuore del legno, che esso si compone tutto di schietto parenchima, che va struggendosi a mano a mano coll’invecchiare del tronco e dei rami, e che anche senza midollo può in talun caso vivere molti anni vegeta e rigogliosa la pianta. Rispetto alle radici avverte avercene di composte, come quelle delle gramigne, e di semplici o fitonose, le une e le altre variare di grossezza, durezza, numero di rami e di barbe, taluna affondarsi più, tal altra meno nel terreno, questa scendere verticale in giù, quella correre obliquamente. Distingue il rizoma serpeggiante di alcune culmifere dalle vere radici, e sa che le piante bulbose hanno due radici, il bulbo propriamente detto, e le barboline. Che più? Nè anche il bulbo a suo giudizio chiamerai radice, tuttochè vegeti sotterra, che non è il luogo, sì bene sua special natura, che assegna l’ufficio di ciascun organo. Non lascia di notare come i sughi della radice siano e più abbondanti, e più odorosi, e più energici di quelli di qualsivoglia altra parte. Ricorda eziandio delle radici aeree, che spiccandosi dalle estremità dei rami vengono giù diritte a modo di grosse corde a toccare il terreno, dove si ficcano colle barbe, e svolgonsi a nuove piante. Dice le foglie essere composte di vene, di fibre, di parenchima. Differenzia le foglie della radice, che per lo più hanno figura rotonda, da quelle del fusto diversamente conformate; con che ci sembra abbia voluto accennare