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importanti cose discorre intorno alle qualità delle erbe. Plinio ne adduce l’autorità parlando dell’erba polio, della vite, dell’ulivo, del rovere, dell’asfodelo; e curioso è quel che gli fa dire delle virtù dello scolimo. Quest’erba, scrive Plinio, «risveglia la lussuria secondo Esiodo ed Alceo, i quali affermano, che quando lo scolimo fiorisce, gli uomini sono pigrissimi al coito, dove all’incontro le donne ne sono desiderosissime, come se la natura avesse provveduto questo per ottimo ajuto.»

Nei cinque secoli, che corsero da Esiodo ad Ippocrate, non ebbero a quanto pare altri cultori le piante fuori che i rizotomi o farmacopoli, i georgici o geoponici. Era ufficio dei primi andare in cerca delle erbe nei luoghi natii per fornirle ai medici. Rozzi la più parte e idioti, trattavano l’arte loro con pratiche superstiziose, e con modi empirici e cerretaneschi, a segno che uno di essi, certo Aristofilo di Platea, osò menar vanto pubblicamente di potere per virtù d’erbe crescere, scemare, ed anche spegnere affatto nell’uomo la facoltà generativa. Tuttavolta non si vuol negare, che pur tra costoro ci avea più d’uno, che molto addentratosi nella cognizione delle virtù mediche delle piante, studiandosi continuamente per ragion di lucro di trovare nuove stirpi, giovò non poco ad allargare l’ambito di nostra scienza. Nè di questo si potrebbe dubitare, quando sappiamo, che il grande Aristotile fu egli pure nei primi suoi anni rizotomo e farmacopolo.