vano i loro boschi, tagliare i quali era empia cosa. Presso gli Ateniesi ci andava giusta le leggi loro pena il capo a chi avesse abbattuto un’albero, reciso un ramo in un boschetto sacro agli Eroi; e gli Argivi credettero castigo degli Dei la pazzia e il suicidio di Cleomene Re di Sparla per aver egli fatto appiccar fuoco al sacro bosco di Argos, dove un drappello dei loro sbaragliato si riparava. Nè meno sacri e venerandi furono gli alberi e le foreste ai rozzi popoli del Settentrione. Avevano i Galli e i Germani sacra fra gli alberi principalmente la quercia, al piede della quale celebravano i sacrificii e le arcane cerimonie del loro culto, e dopo la quercia il sambuco, e il visco parassito, = altri tempi, altre are = come tutte medesimamente le genti scandinave non ebbero sulle prime altri tempj che le boscaglie, i tronchi e le cavità degli alberi annosi. Gli Dei di sì fatte nazioni amavano nascondersi agli occhi della moltitudine nel più fitto delle selve, misteriosamente là, dove non era permesso ad uomo porre il piede, fuori che ai Druidi o Sacerdoti per attendere alla preghiera. E valga il vero «qual luogo più acconcio (dice il celebre autore dello spettacolo della natura, il sig. Planche) qual luogo più acconcio troveresti per elevare i pensieri verso il sommo fattore delle cose di una oscura antichissima foresta! Il cupo silenzio che regna là entro, la luce del giorno adombrata da folta verzura, la maestà e la bellezza di tanti al-