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dusse a sì alto punto il dipingere con pastelli, che non vi fu nome celebre in questo genere che le andasse davanti. La natura non le era stata per niente prodiga de’ suoi doni, ed a Vienna, introdotta essendo da Giandomenico Bertoli friulano all’imperatore Carlo IV, questo sovrano rivolto all’antiquario, disse: Sarà valente, Bertoli mio, questa tua pittrice, ma ella è molto brutta. Se questa sia stata trafittura indiscreta lo conosceranno le mie leggitrici non belle. Tornata Rosalba in Venezia l’anno 1730 non se ne distaccò più, ma lavorò opere moltissime, sin a tanto che o per effetto di troppo intenso studio, o per fatale indisposizione, se le cominciò ad annebbiare la vista sì, che nel 1747 era divenuta già affatto cieca. Sopravvisse sin al 1757, e ne’ suoi ultimi anni svanita fatalmente essendosi dalla sua mente ogni memoria di quelle ottime massime, di quella severa virtù, di quell’onesta accortezza ch’aveano sempre formato suo inseparabil corteggio, terminò di vivere miseramente impazzita.