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vitti, sentissi Veronica d’improvviso inspirata dal cielo a lasciare una vita troppo ravviluppata nel fango mondano, e, dato tosto bando alle dissipazioni, si accinse a segnalarsi in opere di fervor religioso, nel che riuscì esemplarissima. Il pio ricovero del Soccorso, destinato ad accogliere le donne macchiate delle peggiori brutture, fu da lei instituito, e colle sue largizioni sostenuto. Ebbe molti figliuoli. Non si sa l’anno della sua morte, che credesi accaduta verso il finire del secolo. Nelle Terze Rime di lei, che ci rimangono, scorgesi certa spontanea ubertà, che forma la maniera più dilettevole del suo scrivere. Non diremo lo stesso delle sue Lettere di argomento amoroso. Fredde e concettose le avrà forse riputate anche Michele Montaigne, il quale nel suo Viaggio d’Italia scrive che, trovandosi egli a Venezia, l’autrice gliele mandò in dono il dì nove di novembre 1580, e che con due scudi ne regalò il portatore. Le sfacciate Rime di Veronica furono dedicate ad un duca di Mantova, e le Lettere ad un cardinale d’Este. Tanta licenza si abborrirebbe nella civiltà d’oggidì!