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di fra guidotto. 285


Ad altra osservazione m’invita la natura del mio assunto, volendo io alcuna cosa dire su quel brano di prefazione di quest’antica scrittura datoci dal Perticari. E' fuori di dubbio che se per vetustà e leggiadria egli bene la giudicò scrittura nobile, resta poi sempre a definirsi quale essa veramente uscisse dalla penna di frate Guidotto; e la buona coscienza di sì illuminalo scrittore dovea almeno metterlo in dubbiezza intorno alla scelta dell'esemplare ch’egli ci ha porto. Perché mai, anziché togliere la sua copia o dagli smozzicati frammenti che primo pubblicò Iacopo Corbinelli in Lione nel 1568, o dal testo che sopra due vetusti codici collazionato ci diede Domenico Maria Manni, amò egli trarla da una stampa, la quale l’Infarinato non ha avuto tutto il torto di giudicare scorrettissima di tutte, intanto che in altro linguaggio si può dire quasi che sia trasfigurata? Questa stampa dee essersi fatta verso il 1478, e il Cavaliere erudito dovea ben sapere quanto poco fosso amato il parlar gentile sul finire del secolo xv, e di quanti arbitrj solessero allora rendersi colpevoli gli editori de' volgari libri, specialmente non toscani. Oltrechè, senz'altre argomentazioni, al solo svolgere un