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di luigi cornaro. | 189 |
diserta trovasi quella quercia che altre volte elevavasi rigogliosa; ma forse più die nella tiepidezza del divin culto, o nelle spade nemiche, si potrebbe in altre cause indagare la fonte degli scarsi lavori de’ nostri artisti. Ripetesi tutto di, che siamo divenuti poveri; ma d’onde viene che il lusso per ogni esterna foggia è poi smoderato, che un drappo delle Indie, una porcellana di Sevres, una terra di Birmingam, loro e l’argento filati in Francia o in Lamagna, tante frivole, ma dispendiose miscee di estraneo lido non restano mai polverose ne’ nostri fondachi, nel tempo che oziose restano le mani degli artisti concittadini? Deh non mi conducete a esclamare, che abbiavi più presto povertà di vero amore delle patrie lautezze che povertà di sostanze1
I destini della Italia moderna possono difficilmente darci redidivo un Cornaro,
- ↑ E alle cause esterne non sarebbe egli da aggiungnersi anche l'abuso forse oggidì eccessivo dei lavori italiani in taglio in rame? Giacciono inoperosi gl'ingegni creatori perché l'universale è sollecito di far acquisto delle belle, ma sempre fredde opere di un diligente meccanismo, le quali per sentenza del consigliere Bianconi sono copie prive di quell'anima che sugli originali soffiarono i divini loro artifici