Pagina:Albini - Voci di campanili.djvu/67


san gottardo 63


Chi distrusse? Nessuno: tutto fu lasciato cadere miseramente in rovina, e la storia non ci dice perchè mai i Duchi di Milano abbandonarono il palazzo dove l’arte aveva profuso tanti tesori.

O campanile di San Gottardo, tu solo potresti dirci se dal sangue di Giovan Maria sprizzato sulle porte della tua chiesa, non siano sorte paurose superstizioni e fatidiche minaccie, misteriosi uccelli dall’ali nere che misero tutti in fuga.

All’estremo della città, verso Porta Giovia, andavano alzandosi ampie, massiccie torri che parevano irridere alla leggerezza e alla leggiadria della torre acuta di San Gottardo, — quasi un anacronismo in quell’epoca in cui l’arte avea bisogno di irrobustirsi e di armarsi, o almeno di adornare tutto ciò che fosse abbastanza forte e solido per poter difendere e offendere.

Chi più si curò dell’antico Broletto? il tempo, l’ignoranza e la volgarità degli uomini, come fiumana che nulla arresta, travolsero ogni cosa intorno al mirabile campanile, minacciante anch’esso tratto tratto di sfasciarsi, tenuto su, rafforzato, consolidato da ristauri che lo deturpavano, legato con fascie di ferro che lo ammaccavano e spezzavano i capitelli delle sue colonne,