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26 san simpliciano


Tacete, o campanelle malcontente, lasciateci udire quella sola fra voi che ha un suono grave e triste e fa pensare a cose passate. Essa ci racconta di tempi lontani, quando qui non v’era che una folta boscaglia traversata dalla via sacra, disseminata di are e di sepolcri: la via che conduceva alla Milano imperiale, splendida di torri, di palazzi, di teatri e di terme, dove gl’imperatori sostavano per recarsi nel settentrione o per tornare trionfatori a Roma.

Dal più fitto del bosco, pochi cristiani raccolti in una capanna, tendevano l’orecchio al frastuono di carri e di cocchi sulla via selciata, poi tutto tornava nel silenzio ed essi pregavano perchè il potente ch’era passato non portasse con sè lo sterminio e la violenza. Poco lontano, in un altro folto bosco, altri vivevano pure nella preghiera intorno a Simpliciano, l’amico del vescovo Ambrogio; vivevano ascoltando le voci di quell’anima ch’era stata dimenticata nel violento desiderio di benessere materiale, nell’affrettata conquista di una civiltà inutilmente maturata, e che la parola di un uomo, il quale avea parlato semplice come nessun altro uomo mai, aveva guidato alla Verità.

Vennero essi verso la città, nel bosco presso