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Sofia Bisi Albini. La sua vita e la sua opera | xxxv |
nobbe vanità, nè amor proprio e tanto meno quel tarlo che rode la maggior parte degli artisti: la gelosia. Ah! non lei per la morte di una collega avrebbe scritto ciò che un’altra scrisse di lei: «Si poteva e si può ancora leggere quei volumi (intendeva i due maggiori) a qualunque età con un certo piacere: vivi, spigliati, scritti in italiano non manierato, anzi schietto e di buona vena». Ah! l’usura di quelli elogi banali, che potevano essere già troppo e furono prudentemente falcidiati da quella frase perequatrice «con un certo piacere».
Sofia Bisi Albini tenne poco posto per far posto alle altre; non ebbe mai uno di quei gesti, gentili e perfidi, che l’invidia traccia rapidamente e sbadatamente per ricacciare nell’ombra un nascente ingegno, ma tese la mano a tutte le scrittrici giovinette! Se essa presentò Ada Negri al pubblico italiano aprendole d’improvviso insieme al Barbiera quella corrente d’ammirazione che ben meritava, ma che da sè sola chissà quanto tempo ancora avrebbe dovuto lottare per attirarsela, per molte scrittrici fu la prima ispiratrice o la prima editrice.
Grazia Deledda pubblicò nella «Rivista delle
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