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Sofia Bisi Albini. La sua vita e la sua opera | xxix |
ingiuria di Emilio, rimane attonita, col viso paonazzo, domandando a Luisa: — Che cos’ha detto, che cos’ha detto? — con l’aria spaurita di chi ha sfuggito un pericolo, ma non sa ancora quale: quando Bernardone, a Grazietta, che l’ha rimproverato di pensare soltanto all’oca arrosto nella notte di Natale, risponde serenamente: — Tu mi credi un eretico. Io colla bocca ho parlato dell’oca, ma col cuore ti giuro che ho pensato alle tre messe di Natale —, sono sprazzi d’anima che la scrittrice ci rivela, indagine psicologica finissima che tocca rapidamente il fine senza mostrarcene i mezzi.
Ah! se le normaliste studiassero i libri della Bisi invece di quelli di certi insigni pedagogisti! Che rapporto di valori troverebbero tra l’educazione a base di libertà e di responsabilità di sè stessi con la rapida formazione dei caratteri: tra l’infanzia felice e la serenità degli anni seguenti: tra la conoscenza della vita seriamente intrapresa fin dalla prima giovinezza e la purezza di costumi.
Vorrei che le normaliste in ispecie, ma anche tutte le fanciulle rileggessero quello spigliato, franco e giulivo racconto che s’intitola «Il nido di Ichs e di Zeta» la storia di una giovinetta allevata nella ricchezza e che sposando un ufficiale deve accon-
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