di mia Madre che mi sorride dal suo ritratto e mi dice come ciò sia vero. La rivedo, la nostra cara, sofferente di una malattia che appariva agli occhi di tutti e destava un senso di pietà intorno a lei. Eppure ella sorrideva così tranquilla e serena, dava così poca importanza al suo male — un enorme tumore interno che le sformava tutta la persona, una volta così agile e bella, — da mutare il senso di pietà in quello d’ammirazione. Ma non era questo che ella voleva: ella così modesta e semplice, voleva invece, e ci era quasi riuscita, abituare chi viveva intorno a lei, suo marito, i suoi figli, i nipotini, a non crucciarsi, a non preoccuparsi di lei. Non si mitigano le proprie sofferenze parlandone, partecipandole: certo, fa bene al nostro cuore il vederci guardati da visi ansiosi e compassionevoli, il veder spiati con amore i nostri dolori: ma quando chi li spia sono i nostri cari, quelli che noi vorremmo veder sempre felici, perchè farlo?
In certi momenti uno spasimo contraeva la sua fisionomia, in certi giorni si trascinava a stento, ma non lo confessava che l’indomani, quando il male era passato, e anche allora lo