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Il lusso | 173 |
pugnante il fare sfoggio di un lusso che non costa loro nessuna fatica, ma costa invece ai loro babbi lavoro e preoccupazioni. Nulla di più giusto di un bel vestito nuovo che una ragazza si acquista col frutto del suo lavoro; nulla di più umiliante dello sfarzo di quella che non ha dato il minimo di fatica per meritarselo. Non c’è bisogno di lavorare materialmente per riuscirvi; molte fanciulle dànno oggi l’esempio del come si possa e si debba usare della posizione fortunata nella quale si trovano, e possono dire con che maggior gaiezza si abbandonano ai godimenti che procura loro il denaro, poichè hanno acquistata la coscienza di non essere una ruota inutile della società.
I privilegiati — si chiamano oggi i ricchi — e davvero è grande e degno d’invidia il privilegio di poter creare il benessere di molt’altra gente, di poter, fra molti piaceri della vita, scegliersi i migliori, i più elevati, i più nobili.
Cesare Beccaria, in un suo giovanile studio di economia pubblica, poco conosciuto, esalta la bontà intrinseca della ricchezza e la mette a paro a quella della libertà e dell’istruzione:
Il lusso | 173 |