servaggio, la guerra, ecc.), viene ad aggiungere un argomento praticamente assai persuasivo ed efficace sull’animo di coloro che non sono sufficientemente convinti dei principî filosofici, nè si sentono bastevolmente inclinati ad obbedire al sentimento del dovere».
Certo è difficile il giudicare la prodigalità come un difetto e l’economia come una virtù: la prima è molto più simpatica, poichè il prodigo mette a parte gli altri de’ suoi godimenti. Noi lo giudichiamo anzi generoso, mentre non è che un egoista socialmente parlando. Chi risparmia — perfino l’avaro stesso tanto antipatico — ha, agli occhi dell’economista, il merito di non distruggere. «Il non uso di certi beni, dice il Cossa, è un male minore della distruzione». E Adamo Smith anch’egli ha severe parole per il prodigo e lo chiama: «...l’erede indegno che getta al vento le ceneri de’ suoi padri e leva di bocca ai suoi contemporanei gli alimenti preparati per essi dalla previdenza de’ suoi antenati».