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La cassetta delle rinunce | 115 |
Una volta non esistevano che ricchi per tradizione, si sarebbe detto per volere divino, e poveri di razza, rassegnati e ignoranti. Oggi no: oggi vi sono i ricchi per il lavoro, ma ancor più per favore del caso, per sfruttamento del lavoro altrui, per furberia e per... ruberie. E poveri per sfortuna, per carattere timido, per persecuzione del caso, per onestà.
La ricchezza rappresenta dunque un vero deposito; credere di poter goderne fino alla sazietà, di non aver altro dovere che di spenderla pur che sia, è un calcolo di malafede. Gioia grande, invidiata, che supera qualunque altra è quella di poter chiedersi: come posso spendere bene questo danaro? Sono ricca! E poter andar alla ricerca, non di quelle miserie che tutti sanno, ma di quelle che nessuno soccorre: leggere nella cronaca di un giornale: «il tale si è suicidato per miseria, lascia nella casa desolata una moglie e dei bambini», e accorrere. Chi non trasalisce a quel grido di un uomo che si uccide? Io udii una volta un padre di famiglia senza lavoro, discutere freddamente se non era il caso di uccidersi per destare la pietà del pubblico sopra i suoi bambini
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