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90 | L’amore della campagna |
—Ma, perdoni, che ne fa di tanti funghi?
— Gliel’ho detto: li faccio seccare. Ne ho già riempito un sacco. Capisce bene: s’arriva in città, viene un parente a trovarvi, se ne piglia tre, quattro manciate, se ne fa un cartoccio: «To’, sono i funghi della mia campagna! li ho proprio colti io, li abbiamo fatti seccare noi», si sa, è una cosa che fa piacere a lui e a me. —
Prima di lasciarmi, si credette in dovere di dirmi ch’era stato un negoziante all’ingrosso, e che ora lui e sua moglie si godevano i loro guadagni, e passavano quattro mesi all’anno nella loro villetta di montagna.
Ogni tanto io penso a quella donna, occupata per quattro mesi a sbucciare e seccar frutta e funghi, e rido di quello strano modo di goder la campagna. Ma posseder la villetta! qual’è quel bottegaio arricchito che non si lascia prendere dall’ambizione della villetta? Non v’è oste o salumaio, macellaio o sarto che, fatti denari, non si comperi o non si fabbrichi la villa, sui laghi o in collina.
Tutta gente che va a goder la campagna, ma non l’ama.
90 | L’amore della campagna |