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La gioia del lavoro 69

scono di vedere nelle città francesi e italiane passeggiare uomini e donne in giorni non festivi, invece di camminare lesti a una meta. Laggiù non si conosce quasi il flaneur che va su e giù per un boulevard o per un corso o se ne sta delle ore a oziare sui marciapiedi o alle porte di caffè, come in molte città d’Italia. L’ozio, questa ruggine del corpo, — come fu chiamato — essi non lo comprendono neppure nel divertirsi, che è per essi soltanto un mutamento d’occupazione, il darsi a un energico lavoro dei muscoli o dell’intelligenza.

Ma, come è vero che per goder bene bisogna essere educati, l’uomo rozzo non sa che farne delle sue ore di riposo, e spreca in bagordi salute e danari, credendo sia questo il modo di godere il proprio guadagno e di svagarsi dopo la fatica. Nei grandi centri, ove l’istruzione è più diffusa fra i lavoratori, noi vediamo invece i teatri pieni la sera di operai o commessi di negozio, a godersi la bella musica, le belle commedie, le buone conferenze.

Se ogni uomo che lavora ha in America uguali diritti, è perchè ha educazione uguale; non per nulla gli operai delle grandi città de-

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