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La gioia del lavoro 61

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Io credo fermamente che la gioia sia in fondo ad ogni sforzo umano, e che solo cause estranee la nascondano, l’appannino, la deturpino. La fatica eccessiva, non proporzionata al compenso o alla salute dell’individuo, la tirannia di chi comanda, l’impossibilità del risparmio, il non poter vedere alla fine di una dura vita che l’ospedale per sè e la fame per i propri cari, devono rendere il lavoro un vero, ingiusto castigo, e si capisce come possano ribellarsi ad esso uomini che sentono di non essere men degni di tanti che non faticano e se la godono. Ma, ripeto, non è il lavoro stesso una pena.

Molti uomini ricchi che dedicano la loro intelligenza all’arte o alla beneficenza, vi mettono un’instancabilità che ci dice come abbiano finalmente trovato, lavorando, una felicità cercata invano oziando e godendo. Operosissime dame, messesi alla testa di laboratori artistici e industriali, vi apportano ora un ardore, una costanza di lavoro, una così palese gaiezza che una vera rivelazione, non sola-{{PieDiPagina|La gioia del lavoro