Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/87


— 73 —

lava poco, ma una ruga profonda nel mezzo della fronte svelava la sua preoccupazione. Quando stava per uscire, spesso s’arrestava guardando Grazia come se volesse dirle molte cose, poi s’incamminava con un gran sospiro, dicendo solo: Basta! Dio vi renderà il bene che mi fate. —

La sera, verso le dieci, quando aveva finito tutto in casa, chiudeva dentro i figlioli e scendeva da Nocente.

Grazia andava allora a letto, ed ella si sedeva su una seggiola con una coperta di lana addosso, perchè era cominciato il freddo, e rimaneva fino all’alba a vegliare il suo ragazzo.

Una sera udì nella stanza vicina Grazia che faceva pregar Natale e diceva: «Fate, Signor Iddio, che Nocente guarisca presto.»

«Se deve crescere un buon figliolo, sì: ma se deve essere cattivo, che Dio se lo porti in Cielo questa notte» disse la voce forte e seria di Marianna.

Nocente, sopito, s’agitò nel letto senza comprendere che cosa lo avesse riscosso, e nell’altra stanza si fece un gran silenzio.

Natale, cogli occhi spalancati, fissi all’uscio di quella stanza fiocamente rischiarata da un lumino in un angolo, si strinse alla sua mamma sbigottito, come se vedesse l’angelo della morte uscir fuori con Nocente fra le braccia.

L’indomani egli migliorò invece in modo insperato, e Natale pensò: — È segno che diventerà buono. — E lo raccontò a Raffaella.

«Sai, non devi più aver paura di Nocente. La tua mamma ha detto al Signore di farlo morire se era ancora cattivo, di farlo guarire se diventava buono.