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Grazia badava a tener lontano la gatta e Perin perchè non disturbassero, e diceva: «Non appoggiarti alla tavola, Bernardo: la farai tremare.» E subito vedeva se al pennino c’era attaccato un filo o colava troppo abbondante l’inchiostro, e arrestava a tempo la mano di Natale prima che accadesse un disastro.

Quando la pagina fu finita, mentre s’asciugava, Natale s’appoggiò allo schienale della seggiola con un sospirone di sollievo, e dopo un momento disse. «Prima d’arrivar a scrivere bene ce ne vuole! E c’è anche la lettura.... Pensa, babbo, che per la fine dell’anno noi dobbiamo aver letto tutto, tutto questo libro! Chi sa quante pagine sono! Io dico che sono cento!»

Bernardo lo prese, lo sfogliò, guardò in fondo, «sono.... guarda tu, Grazia, quante pagine sono.»

«Sono trentadue.»

«Figurati! tre volte dieci e poi ancora due! E voi dovete leggerlo tutto in quest’anno! È proprio un miracolo. Mah! ci vuole una gran testa per fare i maestri! Ecco che questi bambini oggi hanno imparato l’o e fra pochi mesi leggeranno e storielle.... Ringrazia la Provvidenza, caro Natale, che t’ha fatto nascere in un tempo che s’è obbligati a imparare da piccini, quando la mente è tenera come la terra appena vangata e tutto vi si pianta senza fatica. Vedi, tuo nonno, non sapeva scrivere neppure il suo nome, e doveva far una crocetta quando doveva firmare qualche cosa. Io tuo padre, sono venuto fino ai vent’anni ignorarne come un bue, e se arrivavo a un paese dovevo dimandar intorno per saper dove mi trovavo perchè non sapevo leggere l’indicatore. Mi vergogna soltanto a dirlo, sai? Per fortuna andai soldato e mi hanno insegnato: ma che fatica, figliolo, è