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Le si affollarono intorno dei ragazzi già grandini a riverirla colle faccie sorridenti.
«Oh, come state? io sto bene, grazie. Non siete più con me quest’anno; entrate lì dal signor Cerini. Siate bravi, mi raccomando: fatemi onore. Oh, Martino, come va? E il tuo povero fratellino.... non c’è più!... povero, povero Peppotto.... ma tu sarai buono quest’anno, non È vero? il più buono della classe perchè hai un angioletto in cielo che prega per te. Oh, benvenuto, sor Bernardo, mi portate il vostro omone.... Oh! com’è cresciuto! ma guardate, guardate: è alto come il Brusa che ha quasi dieci anni! O che ti devo proprio mettere nella prima classe con quella statura, di’? Tu sei obbligato a studiar molto se non vuoi sfigurare. So che sei stato il primo anche all’asilo.»
In quella un gran baccano scoppio all’imboccatura della strada, e sette o otto ragazzi arrivarono urlando, ridendo, e tratto tratto guardandosi indietro.
Ed ecco giungere, rimbalzando con gran fracasso, tirato da due ragazzi, un carrettino su cui era legato con grosse corde questo qualche cosa che poteva essere un fagotto di panni o un maialino, o un cane.... sì, un animale senza dubbio, perchè un acuto guaito si udì al di sopra delle risate e delle grida.
«È Nocente!» disse Natale stupito, e pigliò la rincorsa per vedere.
«Ogni giorno una nuova, eh?» esclamo Bernardo, col suo vocione, e in quattro passi raggiunse anch’egli il carretto. I due fratelli di Nocente, gl’indivisibili, lasciarono il timone coll’aria molto meravigliata che qualcuno non trovasse divertente quello scherzo.
«Non voleva venire a scuola, l’abbiamo legato per portarvelo.»