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Per fortuna i bambini non hanno la memoria tenace dei grandi: essi non vedono che l’ora presente, e la mattina non possono pensare che cosa li aspetterà la sera che è per essi un’epoca lontana, indefinita. Se Raffaella si fosse ogni mattina ricordata bene dell’aggressione che l’aspettava al ritorno, forse avrebbe rinunciato di scendere da Natale; ma erano così belle le ore passate laggiù, in quella casetta in mezzo al prato, così diversa dalla sua! quella casa dove non si sapeva cosa fossero gli stenti, il disordine, i dispetti, le impertinenze, le busse....

Ora Raffaella non si lasciava più rotolare per il prato, ma s’avviava per il sentiero a passini saltellanti, col visetto rivolto in su e la boccuccia semiaperta quasi a bere l’aria fresca che veniva dalla valle. Nei panierino infilato nel braccio aveva due ferri da calza e un legaccio appena incominciato che Grazia le insegnava.

«Quando sarò grande» diceva la piccina «farò le calze per la mamma e per la Savina, per Peppo e per Dolfo, per Maso e per Rico e per Nocente», ch’erano tutti i suoi fratelli. Ella non dimenticava neppure una gamba nuda della sua famiglia, ma dimenticava le sue.